La De Primi Fine Art di Lugano è lieta di annunciare la mostra di Aymone Poletti e Barry Iverson dal 24 Giugno al 9 Settembre 2016. Due fotografi che, seppur molto diversi, sono uniti da una comune ricerca di elaborazione e trasformazione dell’immagine fotografica: Iverson con i suoi frequenti ritocchi pittorici, Poletti con i suoi interventi con sali ed inchiostri giapponesi.
Da molti anni residente in Egitto a Il Cairo, Barry Iverson, nato negli Stati Uniti nel 1956, è uno dei maggiori fotografi reporter oggi viventi. Per lui l’arte dell’obiettivo è fondamentalmente due cose: documentazione ed espressione. Documentazione di un mondo, quello medio orientale – complessa cerniera di due mondi – particolarmente travagliato, difficile, inquieto, insieme fortemente luminoso e profondamente torbido, spesso segnato da gravi attentati e terribili guerre. Ma, oltre la documentazione delle atrocità delle guerre, Iverson ha saputo modulare le sue foto in altre e diverse espressioni estetiche, in cui gli inconfondibili, densissimi colori orientali, trasfigurano un dolore presente ma lontano.
Molto diverso il percorso della svizzera Aymone Poletti (Lugano 1978); il suo universo creativo, fotografico ma anche pittorico e decorativo, è un mondo felicemente mentale, teso a scoprire nuove forme, nuove luci e colori. In questa sua inedita serie, fotografie originali d’epoca, in bianco e nero, hanno subito un processo di bollitura e cristallizzazione con sali ed inchiostri giapponesi. Attraverso queste notevoli trasformazioni, la Poletti reinventa un piccolo, intimo luogo iconografico, soprattutto un luogo della memoria, intaccandolo di elementi altri, inediti, diversi. Paesaggi o figure di altri tempi. Giovanili ritratti dei nostri bisnonni, dei nostri avi, decorati, intaccati da questi cristalli, questi minerali, questo ghiaccio mentale. Immagini e testimonianze di volti, figure, paesaggi, cose, come aggredite da queste escrescenze minerali in una combinazione del tutto inedita, dove l’organico ed il vegetale si uniscono all’inorganico, dove la vasta malinconia di persone che non ci sono più si sposa con la deflagrazione di diamanti eterni, senza ricordi e senza tempo.