Tra i maggiori protagonisti del festoso e irrequieto gruppo Gutai, Sadamasa Motonaga (Mie 1922- Kobe 2011) è sempre stato pervaso dalla magia dell’infanzia. Come tutti i componenti di quel famoso gruppo, ha sempre cercato cose nuove, forme inedite, libere e allegre sperimentazioni. Quando nel 1966 Motonaga arrivò a New York, sostenuto da Martha Jackson, riprese a dipingere in maniera «tradizionale», scoprendo i colori ad acrilico e l’aerografo. Così tornò a concepire delle forme: le forme che vengono prima dei colori: le forme che sanno contenere il rosso ed il verde, i suoi toni preferiti. Questa mostra a Lugano testimonia quest’ultima fase del suo lavoro, esponendo numerose tele ad acrilico, molte opere su carta ed alcune sculture – dagli anni ’70 ai primi anni del 2000. Sempre decisiva l’energia dell’infanzia, in variegate sagome pittoriche in cui l’organico si trasforma in minerale ed il minerale si scioglie nel vegetale; sempre centrale un’estrema fantasia, in cui la visione della metamorfosi si fissa in forme e presenze reali ed impossibili. In una vasta e rutilante giostra di segni, colori, personaggi, immagini; dove antiche memorie di pittura informale in cromatiche colature, dialogano con forme geometrizzanti. Un’ininterrotta metamorfosi, tra vivide fosforescenze e timbriche colate; un fitto scambio tra forme probabili e impossibili; un intimo dialogo tra il sogno e la geometria, l’inconscio e la definizione, il gioco e la ragione. Poiché «L’universo non smette un istante di cambiare e noi lo viviamo. La trasformazione non è altro che rinnovamento, quindi è solo naturale dover cercare di creare nuovi fenomeni e scoprirli con stupore.» (Motonaga)