La De Primi Fine Art di Lugano è lieta di annunciare la mostra Takesada Matsutani, visitabile dal 16 novembre 2018 al 25 gennaio 2019. Il vernissage avrà luogo giovedì 15 novembre 2018, alle ore 18.
Nel 1963, poco più che ventenne, Takesada Matsutani (Osaka, 1937) entrò a far parte del gruppo Gutai: il vasto, profondo movimento artistico giapponese che a partire dai primi anni cinquanta del Novecento, fino al ’72 – anno del suo scioglimento – ha raccolto i principali creatori dell’Estremo Oriente.
Matsutani, sull’esempio dell’arcaica tecnica giapponese tarashikomi e del dripping di Jackson Pollock, fin dagli inizi della sua carriera, ha giocato con il tempo e lo spazio: il tempo lento delle colature di vinavil che formano ampie, sensuali curvature, il ritmico tempo di un casuale e preciso sgocciolio: lo spazio di ampi fogli o tele che accolgono festose campiture, a volte tridimensionali – gonfiate dal soffio d’aria attraverso una cannuccia – a volte pazientemente decorate con il fine e fitto ordito della grafite. A partire dalla fine degli anni ’60, una volta trasferitosi a Parigi (dove tuttora risiede), ha incominciato a moltiplicare variegate colature di colore, di diversi materiali, elaborandoli con spazzole, scope, spatole, palloncini, sacche, in una attenta cerimonia dove l’Oriente incontra l’Occidente.
Questa mostra raccoglie una ventina di opere, realizzate tra il 1974 e il 2010: opere su tela e su carta, dove la inimitabile tecnica dell’artista appare e si rivela: il fitto e denso nero della grafite, pazientemente steso nel gesto fermo e preciso della mano; il segno Zen della penna, che circoscrive la ricchezza del vuoto come pausa, silenzio, respiro; i colori compatti dell’acrilico in minime variazioni timbriche; le sinuose ed eleganti forme della colla vinavil colorata, che ricama variegate superfici. Il tutto per lo più in bianco e nero, i colori essenziali dell’antica tradizione giapponese: i colori simbolo dello Ying e dello Yang, del più e del meno, del positivo e del negativo, di questo e quello, capaci nel pensiero taoista di un sereno incontro e una profonda unione. Punti di contatto, segni, gesti, cerchi, onde, dove percepiamo una straordinaria sintesi tra il pieno ed il vuoto, il moto e la stasi. In questo senso, come un antico saggio, Matsutani sembra dirci: “Festina lente” (Svetonio, Vite dei Cesari, Augusto, 25, 4), affrettati lentamente, nella volontà di riscoprire la ritualità, la concentrazione, la profondità dell’essere e del fare; alla velocità, all’impazienza, al furore occidentale, si contrappone la riflessione, la meditazione, la cerimonia orientale; l’hybris (eccesso, vanità, superbia) delle nostre arcaiche origini greche si calma e purifica in una lenta e profonda contemplazione.